Sabato 20 ottobre (ore 17) al Conservatorio di musica "B. Marcello" di Venezia andrà in scena
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Il vestito nuovo dell'imperatore", opera da camera per ragazzi, in due quadri
Come e perché cucire un Vestito nuovo... in musica
intervista a Paolo Furlani, il compositore
Come è nata quest’opera?
Avevo “messo gli occhi” su questo testo nel lontano 2003 quando la Scuola di musica di Fiesole aveva organizzato un concorso per la composizione di opere suonate e cantate da ragazzi (studenti di quella Scuola), per festeggiare i 30 anni dalla sua fondazione.
Poi non partecipai a quel concorso e non scrissi l’opera, ma quando Cristina Ferrari, Direttore Artistico del teatro Carlo Felice di Genova, mi chiese nell’aprile 2008 di comporre un’opera che prevedesse la partecipazione in scena di molti ragazzi del Coro di voci bianche del teatro genovese, mi ricordai di questo testo. La grandezza di Rodari è proprio quella di aver sceneggiato la favola di Andersen, inventando molti piccoli ruoli, che possono essere facilmente recitati (o cantati) da ragazzi. L’opera è andata in scena a Savona nell’ottobre 2009 e a Genova, al Teatro della Tosse, nel gennaio 2010.
Ci sono state altre edizione dell’opera?
Nel maggio 2010 l’opera è stata allestita al Bupyeong Art Center di Incheon, una città vicino a Seoul, in Corea del Sud. La produzione era dedicata principalmente alle famiglie: per facilitarne la comprensione il libretto è stato tradotto dalla regista Cecilia Song-A. Per me è stata una formidabile esperienza!
Ed è stato un enorme piacere, ritrovare Cecilia Song-A anche a Venezia in veste di regista: lei è una studentessa del Conservatorio, un segno di continuità che lega la Corea alla mia città.
C’è stato qualche adattamento per questa edizione dell’opera?
La realizzazione del 2010 prevedeva solo 3 cantanti adulti e 12 ruoli affidati ai solisti del Coro di voci bianche. Questa è stata anche la prima ipotesi proposta da Vanni Vianello e Diana D’Alessio dei Piccoli Cantori Veneziani al m° Contiero, direttore del Conservatorio di Venezia. Il progetto è stato ritenuto dai docenti di canto (coordinati dal m° Stefano Gibellato) del Conservatorio estremamente interessante per gli allievi e quindi insieme si è convenuto di affidare agli studenti molti ruoli che prima erano assegnati ai ragazzi del coro, in questo modo il ruolo del Conservatorio di Venezia è stato determinante anche dal punto di vista formativo.
Il “Benedetto Marcello” è il Conservatorio nel quale anche io mi sono formato: vedere allestita nella Sala dei concerti una mia opera è una grande gioia e insieme una restituzione ad altri giovani di quel che mi venne dato, dai miei maestri.
Come hai lavorato per approntare il libretto?
Il libretto dell’opera è esattamente il testo di Rodari. È un testo in prosa (mentre i libretti sono tradizionalmente in rima e hanno versi con quantità versali differenti per ogni sezione), ma questo non mi dispiace: la varietà della distribuzione degli accenti della prosa mi sollecita a inventare una musica meno “quadrata”, meno “classica”, perché meno legata ad un metro stabilito. Non so se Gianni Rodari avrebbe accettato una trasformazione in opera lirica del suo testo. Egli amava e conosceva molto bene la musica classica. Mi illudo di pensare che il mio lavoro gli sarebbe piaciuto. In ogni caso ho concordato con la moglie di Rodari il massimo rispetto di ciò che egli aveva scritto. Come si può vedere dal libretto allegato ( ) ho indicato nella Legenda – ed evidenziato con colori diversi – i vari tipi di intervento sul testo: mi sono limitato alla definizione o alla sostituzione di un personaggio, rispetto alla distribuzione di Rodari (soprattutto laddove egli indica un generico “Cortigiani”); ho segnato anche tutte le ripetizioni di testo (un procedimento usuale nell’opera, per favorire la comprensione delle parole cantate) e le minime aggiunte di onomatopee e didascalie, volte a chiarire il movimento in scena.
Come è nata la musica?
La musica vuole essere semplice, chiara, essendo destinata a dei ragazzi, sia come pubblico che come esecutori. Spero proprio che, alle orecchie di chi ascolta, possa essere chiaro il procedimento di combinazione degli intervalli, che parte solamente da 4 note, continuamente mescolate tra di loro. Mi auguro che questo possa essere “didattico”: che insegni ad ascoltare la varietà di combinazioni dei suoni, come avviene molto spesso nella musica classica. È una capacità di ascolto che stiamo un po’ perdendo, penso alla musica leggera di oggi, che si limita a melodie fatte di pochissime note, ripetute sempre uguali.
Perché hai scelto questo testo di Rodari?
Questo testo viene spesso recitato a scuola, perché ha molti personaggi – e quindi si possono coinvolgere molti ragazzi – e perché racconta una fiaba con una morale forte, sempre valida, molto condivisibile. Si dice spesso la frase “il Re è nudo”, proprio perché la fiaba di Andersen si è scolpita nella memoria di tutti. Eppure Rodari ha aggiunto qualche cosa di molto importante: quando i Tessitori stanno ultimando il loro “lavoro”, il Re manda il Ciambellano ad informarsi. È questa la prima persona a trovarsi di fronte all’imbroglio: i Tessitori magnificano il vestito, ma il Ciambellano non vede nulla. Non sa decidersi: non può dire la verità, è roso dal dubbio. La svolta arriva quando si presenta il Cortigiano, anche egli mandato dal Re. A quel punto non sono più i Tessitori a portare avanti la truffa: il Ciambellano – per non fare brutta figura davanti al collega – ripete le stesse parole con cui i Tessitori lo hanno imbrogliato, cioè diventa... complice!
È tutta qui la questione: può sembrar facile dire “il Re è nudo”, ma è molto difficile non essere “cortigiani”, è difficile mantenere la propria libertà di pensiero e di critica, non diventare complici degli imbroglioni e dei truffatori, soprattutto quando questi sembrano “furbi” o “amici”.
Nella foto a fianco l'allestimento dell'opera al Bupyeong Art Center di Incheon, in Corea del Sud, del maggio 2010.