Al teatro Sociale di Como, il 20 ottobre 2011, è andata in scena la farsa “
Il cappello di paglia di Firenze” di Nino Rota.
Fadinard, il protagonista, è il vero mattatore della serata, grazie all’interpretazione di Leonardo Cortellazzi, sempre brillante vocalmente e scenicamente.
Ben caratterizzato, voce tonante e ben tornita, anche il suocero Nonancourt, cioè Domenico Colaianni.
Annamaria Sarra ha tutte le carte in regola per essere una ottima Elena: voce leggera, graziosa, e facilità nei vocalizzi e negli acuti.
Una nota di merito anche per la baronessa di Champigny (l’unica mezzosoprano tra i tanti soprano che chiede la partitura) interpretata da Marianna Vinci: voce bella, calda, sensualissima, che ben sostiene l’Atto secondo, interamente centrato su di lei.
Il cast presenta molti altri ruoli minori, in cui non spicca nessuno – almeno vocalmente – ma di cui bisogna lodare l’affiatato gioco di squadra, ivi compreso il Coro AsLiCo, nelle paradossali peregrinazioni del folto gruppo di parenti ed invitati.
Ottima la regia di Elena Barbalich, ricca di gag, molto curata nei dettagli, che, soprattutto, imprime un ritmo sempre vivo allo spettacolo, continuamente in bilico tra i riferimenti alla follia della belle epoque, e un teatro dell’assurdo risolto in chiave geometrica, grazie anche alle meravigliose scenografie di Tommaso Lagattolla che richiamano costruttivisti e suprematisti russi.
Ma lo spettacolo non potrebbe volare senza la straordinaria vivezza e varietà della musica di Nino Rota, piena di riferimenti alla tradizione colta del teatro d’opera (in una gamma estremamente ampia – segno di una curiosità onnivora e di un modo di intendere la creatività come elaborazione, proliferazione – che va da Bellini e Verdi sino a Musorgskj e Ravel, passando per Rossini e Wagner, ma senza disdegnare la canzone napoletana o il
cafè chantant). L’impianto è quello dell’opera a numeri, ma spesso i “pezzi chiusi” vengono “aperti”, alla fine, da una cadenza inaspettata o un cambio di tempo.
La qualità più stupefacente, però, è quella dell’orchestrazione: quasi impossibile trovare dei momenti in cui gli strumenti sovrastino le voci: la gamma estremamente variegata di combinazioni orchestrali è sempre perfettamente bilanciata ai registri vocali. Certo, merito anche della direzione d’orchestra di Giovanni Di Stefano, attento e scrupoloso, che ben sollecita la brillantezza degli strumentisti dell’orchestra “I Pomeriggi Musicali” di Milano.